Quei migranti veneti truffati dagli "scafisti". Avevano venduto tutto quello che avevano per partire, ma vennero rispediti a casa

Domenica 1 Ottobre 2023, 10:38 - Ultimo aggiornamento: 17:00

INCENTIVI A PARTIRE


Lo riporta Emilio Franzina nella sua Storia dell'emigrazione veneta, nell'osservare la scelta operata nel Secondo dopoguerra per venire a capo del problema della povertà diffusa della popolazione stremata dal conflitto. Sempre da Treviso, scrive Franzina numerose relazioni inviate a Roma suggerivano di lasciar emigrare la popolazione: «Tutto quello che poteva essere fatto per venire incontro ai disoccupati a mezzo di provvidenze esistenziali degli Eca (enti comunali di assistenza, ndr) è stato fatto. Non resta che sperare in una ripresa di attività privata e nell'aumento dell'emigrazione per l'estero». Stessa linea adottata nel 1949 dal prefetto di Vicenza che, dopo aver descritto la situazione nelle zone di montagna e nell'alta Val Brenta, osserva che «il problema della vita quotidiana si appalesa tragicamente insolubile ove non si acceda al criterio di assicurare loro la precedenza nell'emigrazione all'estero». Una considerazione che forse viene fatta ancora oggi nei Paesi dai quali si continua a partire, incuranti dei rischi di viaggi via terra e via mare lunghi mesi, se non anni, affidati a scafisti intermediari senza scrupoli, oggi come un secolo e mezzo fa.

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