«Ospedale senza servizi salvavita, i sindaci si facciano sentire da Zaia»

Domenica 17 Settembre 2023 di Giuditta Bolzonello
L'ospedale di Pieve di Cadore

PIEVE DI CADORE - «I sindaci si facciano sentire e Zaia dia atto a quanto deliberato a fine 2022 e ripristini i servizi salvavita». Aver letto il resoconto dell’attività dell’ospedale del Cadore non ha tranquillizzato il Comitato per la salvaguardia della salute del cittadino, anzi, ha riacceso le luci sulla necessità di garantire le emergenze ed urgenze perché se è vero che c’è l’elicottero è altrettanto vero che non sempre può volare. Ben vengano dunque i risultati ottenuti dall’ospedale Giovanni Paolo II ma non bastano.
A dirlo, ancora una volta, è Guido Trento, consigliere regionale per tre legislature, difensore dei piccoli ospedali bellunesi e presidente del Comitato. «E poi parlano di spopolamento, ci sono 40 comuni che fra trent’anni non esisteranno più, quelli della fascia più alta, di confine, lungo la cresta alpina, dal Feltrino al Comelico; per far restare la gente in montagna, per farla salire a vivere da noi dobbiamo garantire i servizi essenziali a cominciare da quelli sanitari». 
Purtroppo dal 2012, con il primo governo Luca Zaia, Agordo e Pieve non sono più stati ospedali per acuti, «sono stati privati e non garantiscono l’urgenza ed emergenza - precisa Trento - hanno tolto la chirurgia h24, la cardiologia h24 e questo ha fatto si che non venga garantita la salute nel caso di malattie tempo dipendenti, non è garantita la golden hour». Già perchè i tempi di intervento in casi critici come possono essere l’infarto, un distacco di placenta, l’ictus, devono essere i più rapidi possibili per evitare il peggio; considerando le distanze dall’ospedale di Belluno e le difficoltà viarie è ben chiaro il quadro. Un aspetto questo che, in occasione del resoconto presentato dal direttore dell’Ulss Dolomiti Giuseppe Dal Ben, era stato ricordato dal responsabile del pronto soccorso; il dottor Enzo Chemello nel relazionare sull’attività del suo reparto aveva detto: «Ci sono 39 chilometri per Belluno, il trasferimento non sempre è agevole». 

TRASPORTI DIFFICILI
Basti pensare all’inverno, neve e ghiaccio in strada, o alle lunghe code che si formano nei rientri. Gli interventi di chirurgia sono programmati e si fanno da lunedì a venerdì, le urgenze vengono dirottate al San Martino; ma ci sono quei 39 chilometri da fare. Il Comitato ha studiato con i dati della Polizia di stato i tempi di percorrenza tra paesi di montagna e l’ospedale di Belluno; il risultato non ha lasciato dubbi, «siamo lontani da quanto è necessario per salvare una vita umana in caso di situazioni gravi». 
E poi c’è la nota dolente: sindaci silenti. Dice Trento: «I sindaci sono totalmente avulsi, si stanno a preoccupare dei tombini o parlano di olimpiadi ma sono loro i primi responsabili della salute dei cittadini. Non capisco se c’è rassegnazione o sottomissione ma noi del Comitato non ci possiamo rassegnare a questo stato di cose tanto che abbiano proposto una modalità dipartimentale con Belluno per spostare, in caso di emergenza, l’equipe chirurgica e non il paziente. E’ stata approvata a fine 2022 ma non ancora applicata e temo che non lo vogliano fare». A Zaia il Comitato da tempo chiede un incontro, al momento senza risposta, «siamo sempre disponibili ad un confronto - assicura Trento -. Il presidente del Veneto risponda ai bisogni sanitari dei territori perché servono i servizi fondamentali, i salvavita. In passato forse eravamo più poveri ma abbiamo sempre garantito a tutti l’accesso ai servizi sanitari, dal 2012 è cominciata la deriva e la smettano di dire che c’è l’elicottero, quello è un servizio importante che affianca non sempre lo si può usare e il malore improvviso non può aspettare». 


Maria Antonia Ciotti, sindaco di Pieve per due mandati ed ora vice presidente del Comitato aggiunge: «Vorrei tanto che fosse nominato un direttore generale della montagna perché solo chi ci abita e non chi ci viene in villeggiatura capisce le problematiche della nostra terra. Voglio dire un grazie sincero a tutto il personale che lavora nella nostra impoverita struttura sanitaria, un grazie che viene dal profondo del mio cuore».
 

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