Si scrive Veneto, si legge Luca Zaia.
IL BLITZ
Montecitorio, Commissione Affari costituzionali. È Alberto Stefani, giovane ma rodatissimo deputato - a trent’anni è il segretario della “Liga” veneta - a fare la prima mossa. Una proposta di legge con due articoli e una sola missione: eliminare il tetto dei due mandati per i presidenti di Regione, permettere loro di correre per un terzo turno. Il blitz era nell’aria, eppure spiazza i parlamentari di FdI. Strappa invece un sorriso a diversi deputati del Pd, specie i più vicini ai governatori uscenti De Luca ed Emiliano, che contro le indicazioni della segretaria Schlein sono pronti a votare la legge. Non è stato un fulmine a ciel sereno: il blitz ha avuto il via libera del leader di partito: «Procedete», ha detto ai suoi Salvini. Una legge-Zaia, cucita su misura per permettere al governatore veneto di ricandidarsi fra un anno. Basta leggerla per scoprire il trucco. L’articolo due specifica infatti che le disposizioni «si applicano con riferimento ai mandati successivi alle elezioni effettuate dopo la data di entrata in vigore delle leggi regionali di attuazione». Ecco il vestito su misura. Zaia è infatti al suo terzo mandato e vuole correre per il quarto. Ma la legge sul tetto dei due mandati approvata nel lontano 2004 con il governo Berlusconi è stata recepita dal Veneto soltanto nel 2012, a due anni dall’inizio del primo mandato. Dunque, stando alla proposta presentata ieri, la prima consiliatura di Zaia non conta e il “Doge” potrà correre di nuovo nel 2025.
LE GEOMETRIE
In attesa di un via libera di Meloni, che dopo il vertice a Palazzo Chigi ieri sera è più vicino, Salvini ha fatto la sua mossa che non dispiace, come detto, anche a parte del Pd. Per la Lega conta il Veneto: la Sardegna si può sacrificare, il Nord-Est – dove il vangelo meloniano ha fatto breccia – no. Su questo, Zaia e Salvini, animali politici diversi, sono d’accordo. E ieri i leghisti raccontavano di un governatore euforico. Della mossa di Stefani, così come dei rumors di un possibile semaforo verde da Meloni sul terzo mandato. Nelle prossime ore si capirà se la tregua tra Lega e FdI è scritta a matita o a penna. Intanto però Salvini ha inviato un messaggio che non è affatto indifferente ai militanti e gli eletti al Nord: Zaia non si tocca. Il governatore è pronto a ricambiare il gesto di fiducia del “Capitano”. Sta valutando molto seriamente di candidarsi alle elezioni europee come capolista nel Nord-Est. Una candidatura di facciata, nessun trasloco a Bruxelles, che tuttavia garantirebbe alla Lega una valanga di voti in Veneto e non solo.
Ieri mattina radunando i parlamentari a Montecitorio Salvini è tornato a battere sul terzo mandato. «Chi ha fatto bene deve potersi ricandidare, come fanno i parlamentari». Con una postilla: «Certo, Zaia non ha bisogno di aiutini». Se davvero Meloni è pronta a frantumare il tetto per i governatori, la partita per il Veneto è pronta a riaprirsi. Una regione contendibile, sulla carta: forte dei sondaggi locali, FdI vorrebbe lanciare per il dopo-Zaia il suo referente veneto Luca De Carlo, meloniano doc.
Nei fatti, sfilare al Doge il quarto mandato non sarà semplice, «lui vince anche da solo, con una lista civica», alzano le spalle da via Bellerio, quartier generale leghista. Il tempo dirà. Di certo ormai c’è che il braccio di ferro fra alleati degli ultimi giorni ha in palio una posta più alta della Sardegna. Zaia attende al varco. Ieri pomeriggio, a margine della conferenza Stato-Regioni, De Luca scherzava con lui. «Senti ho un’idea, io rifaccio il Regno delle due Sicilie e tu la Repubblica veneziana. E non ne parliamo più, ok?».