Ancora non ci siamo, nonostante i dati siano migliori rispetto a quelli di dieci-venti-trent’anni fa.
LA MAPPA
Si deve andare subito al sodo, mettendo nero su bianco i freddi numeri del territorio. Sono tutti contenuti nel rapporto presentato in Parlamento a fine giugno dal ministero della Salute. In Friuli Venezia Giulia, secondo le carte elaborate dall’Istituto superiore di sanità e riferite al 2020, un ginecologo su due si rifiuta ancora di praticare l’aborto volontario. La percentuale, per essere precisi, è del 50,9 per cento in tutta la regione, con 59 ginecologi che non praticano l’interruzione di gravidanza. Gli anestesisti invece sono il 21,4 per cento, pari a 33 unità. A questi si aggiungono poi 127 membri del personale non medico, pari al 24,4 per cento. E sono anche alcune tra le percentuali più basse del Nord Italia, considerando che nell’avanzata (teoricamente) Lombardia la quota di obiettori di coscienza tra i ginecologi arriva a toccare addirittura il 60 per cento dei professionisti, mentre si toccano picchi del dell’84 per cento nella Provincia autonoma di Bolzano. Vanno molto meglio del Friuli Venezia Giulia, invece, la Provincia autonoma di Trento (35 per cento di obiettori tra i ginecologi), la Valle d’Aosta (migliore performance del Nord con solo il 25 per cento) e l’Emilia Romagna con il 45 per cento.
DIFFICOLTÀ
Gli ostacoli, però, per le donne non finiscono quando si incontrano medici e infermieri che praticano l’obiezione di coscienza. Bisogna anche capire dove si può andare, per ottenere un diritto quale è l’interruzione volontaria di gravidanza. E anche in questo caso c’è ancora molto lavoro da fare, perché in Friuli Venezia Giulia ad esempio sono attivi solamente tre consultori pubblici, mentre i punti d’ascolto privati sono ancora al palo, pari a zero. E anche le strutture ospedaliere nelle quali poter portare a termine l’aborto volontario sono “solo” nove su 14 in totale. Anche in questo caso va meglio rispetto a quanto accade in altre regioni, ma il quadro non è roseo.
LE STATISTICHE
In Friuli Venezia Giulia è più alta che altrove l’incidenza delle interruzioni volontarie di gravidanza rispetto ai bambini nati in un determinato periodo. Nel caso dello studio presentato in Parlamento si parla della differenza tra il 2019 e il 2020. In quel lasso temporale la quota degli aborti è passata da 176 a 166 interruzioni di gravidanza ogni mille bambini nati. In Veneto, però, la quota è molto più bassa (125 aborti) e anche la Lombardia è alle spalle della nostra regione di dieci interruzioni volontarie. Dai 15 ai 49 anni di età sono 5,5 le donne che praticano l’aborto ogni mille unità.
Quanto al trend nel corso del tempo, la diminuzione delle interruzioni di gravidanza nella nostra regione è tale almeno dal 2007, anno in cui inizia la serie storica proposta dall’Istituto superiore di sanità, con la sola eccezione del 2018, quando si era verificato un aumento dell’1,8 per cento. Infine un dettaglio: il 60 per cento delle donne che scelgono la strada difficile dell’interruzione volontaria di gravidanza è costituito da persone non coniugate.