«C’era chi pronosticava pioggia, invece sembra proprio tornato il sereno». Il giorno dopo il bagno di folla di Piazza del Popolo, nell’inner circle di Elly Schlein i sorrisi raccontano più delle parole. «Erano cinque anni che il Pd non chiamava i “suoi” a manifestare. Quando l’abbiamo fatto, la risposta è arrivata: segno che la nostra gente è ancora lì». Insomma: dopo mesi in cui i dem hanno faticato a toccare palla in Parlamento, riuscendo in poche occasioni a dettare l’agenda (vedi alla voce: salario minimo), la segretaria sembra aver preso confidenza col timone del Nazareno. E aver puntato la rotta dritta su un obiettivo: le Europee (e le Regionali) della prossima primavera. Con un’incognita a rendere insidiosa la navigazione: l’altalenante rapporto con Giuseppe Conte. Col quale, però, si punta a inaugurare una nuova battaglia su un comune terreno di gioco: il no al premierato modello Giorgia Meloni.
Certo: il leader pentastellato, ripetono dalle parti del Nazareno, farebbe meglio a smetterla di agitare a giorni alterni bastone e carota verso i dem.
Doppia strategia
Una strategia che l’ex premier pare aver adottato anche in vista delle urne di primavera. Da una parte, la competizione per agguantare un voto in più di Schlein alle Europee. Dall’altra, il dialogo per schierare candidati comuni nelle cinque Regioni in ballo. A cominciare dalla Sardegna, dove i dem hanno accettato di sostenere la candidatura dell’ex viceministra grillina Alessandra Todde. In cambio, i vertici pd si sarebbero aspettati la stessa cortesia in Piemonte, in favore della vicepresidente dem Chiara Gribaudo. Invece pare che dai grillini – l’ex sindaca di Torino Chiara Appendino in primis – sia arrivato il niet: «Andiamo da soli». Le trattative sono ancora in corso. «Ma i patti – attaccano i big stellati – si rispettano: non come Renato Soru che fa una scissione solo perché si decide di non far correre lui. Di questo cosa pensa il Pd?». Anche in Abruzzo l’accordo è chiuso (corre Luciano D’Amico, civico vicino ai dem), in Basilicata quasi (gira il nome di Angelo Chiorazzo), in Umbria invece buio pesto. «Ma fosse per Elly e Giuseppe – assicura chi segue il dossier – si sarebbe già stretto un patto dappertutto».
I due, del resto, si sentono con regolarità. I loro rapporti vengono descritti come «ottimi» dai rispettivi entourage. Anche se l’avvocato continua a ripetere che di «campo largo» proprio non vuol sentir parlare («mi fa venire l’orticaria»). Schlein, racconta chi le è vicino, non se ne cura. Convinta com’è che con i Cinquestelle «sono molte di più le cose che ci uniscono di quelle che ci dividono». Anzi: è pronta a rispolverare il modello di collaborazione sperimentato col salario minimo su un nuovo campo di gioco. Il “no” alla riforma costituzionale targata Giorgia Meloni. Una revisione della Carta che Pd, ma anche i Cinquestelle e Calenda (che sul ritorno dell’asse rosso-giallo si è smarcato di nuovo), vedono come fumo negli occhi. Ed è proprio sul terreno del no al premierato che – la leader dem ne è convinta – si può cementare un’alleanza. Soprattutto se, come sembra inevitabile, sulla riforma si andrà al referendum.
All-in
Ecco perché una piazza piena come non si vedeva da tempo (50mila persone secondo gli organizzatori) era quello che serviva, al Pd e alla sua segretaria, per entrare col piede giusto nella contesa. Una battaglia che, se fosse una partita di poker, per Schlein somiglierebbe a un all-in. Da febbraio a giugno, ossia nel giro di quattro mesi, ragionano gli strateghi del Nazareno, Schlein si gioca (quasi) tutto. Se nelle urne per Bruxelles il risultato del Pd finisse sotto all’asticella del 20%, chi dall’interno del partito la critica – pur avendo dovuto riconoscere il buon esito dell’operazione Piazza del Popolo – tornerebbe di colpo a cannoneggiarla. E per la segretaria resistere alla tolda di comando potrebbe essere difficile. Idem in caso di sconfitta netta alle Regionali o alle amministrative. Mentre in caso di successo, nessuno potrebbe negarle di aver rimesso in carreggiata un Pd preso in eredità più che ammaccato. Nel frattempo, dopo sabato, tra i colonnelli dem pare tornato l’ottimismo anche sul fronte sondaggi. «In fondo alle Europee mancano ancora più di sei mesi. Abbiamo appena cominciato».