«Non ci fu alcuna censura nello spot con Elisabetta Canalis». San Benedetto chiede danni per un milione e mezzo di euro

Martedì 5 Marzo 2024 di Gianluca Amadori
«Non ci fu alcuna censura nello spot con Elisabetta Canalis». San Benedetto chiede danni per 1,5 milioni di euro

VENEZIA - Da un lato San Benedetto spa, uno dei colossi delle acque minerali, che domina il mercato nazionale con una quota di circa il 18 per cento; dall’altro Il Fatto Alimentare, giornale online indipendente che da anni racconta cosa succede nel mondo dei supermercati e quali sono le insidie nelle etichette, pubblica le sentenze sulle pubblicità ingannevoli e segnala il lavoro delle lobby che operano contro gli interessi dei consumatori.
Lo scontro è fissato per metà marzo a Venezia, di fronte al Tribunale civile, chiamato a pronunciarsi su tre articoli pubblicati per raccontare della modifica apportata ad uno spot uscito nell’estate 2022, vicenda finita all’epoca anche su numerosi quotidiani.
La società con sede a Scorzè, di cui è presidente Enrico Zoppas, patrocinata dall’avvocato Cristiano Annunziata, ha citato a giudizio la testata giornalistica diretta da Roberto La Pira chiedendo un maxi risarcimento, pari a 1.5 milioni di euro, sostenendo di aver patito un grave danno ad «onore, reputazione, credibilità e immagine» a seguito di un’iniziativa ritenuta diffamatoria.

Il Fatto Alimentare, assistito dagli avvocati Paolo Martinello, Marco Stucchi e Andrea di Pietro, si è costituito respingendo ogni addebito, rivendicando il diritto di cronaca nel riferire di fatti veri, e ha contrattaccato lamentando di essere vittima di una lite temeraria, intentata per ridurre al silenzio la testata giornalistica.

L’ORIGINALE

Lo spot originale iniziava con le immagini di Elisabetta Canalis al risveglio mattutino; la scena proseguiva con la showgirl che si accorgeva di aver bruciato le fette di pane da toast e decideva di uscire di casa portando con sé una bottiglietta di acqua minerale San Benedetto. Il sito di analisi sociale “Aestetica Sovietica” inviò una segnalazione all’Istituto di autoregolamentazione pubblicitaria (Iap) nella quale chiedeva un intervento poiché lo spot poteva far intendere che l’acqua potesse sostituire la colazione, anche perché veniva citata la presenza di nutrienti preziosi (calcio e magnesio). In una seconda versione dello spot, della durata quasi dimezzata, la scena iniziale non c’è più.
Il Fatto Alimentare ha raccontato la vicenda, scrivendo nel titolo del primo articolo che lo spot era stato “censurato dallo Iap” (nel secondo articolo si parla di “Stop allo spot”): circostanza che, secondo San Benedetto è falsa in quanto non ci sarebbe stato alcun provvedimento, alcuna censura. Nella memoria di comparsa a giudizio, la testata giornalistica evidenzia che vi è stato un intervento dello Iap, come dimostra il contenuto della nota che l’Istituto di autoregolamentazione pubblicitaria ha inviato a Il fatto Alimentare: in risposta ai giornalisti che chiedevano informazioni sul caso, lo Iap spiegava di aver segnalato a San Benedetto «le criticità sul piano comunicazionale della rappresentazione veicolata» nello spot e di aver ricevuto dalla società la comunicazione che la campagna era stata sospesa nonché «l’impegno ad elaborare una nuova comunicazione che possa superare gli aspetti critici rilevati».

LITE TEMERARIA

Insomma, la testata giornalistica sostiene che non vi è stata alcuna diffamazione, ma semplice esercizio del diritto di cronaca e critica» in relazione ad una notizia di interesse pubblico. L’utilizzo del termine “censura” sarebbe una sintesi giornalistica per «enfatizzare l’importanza dell’intervento dello Iap». La posizione della San Benedetto, espressa attraverso un comunicato stampa, è stata pubblicata nel secondo articolo a riprova della correttezza del comportamento del direttore La Pira. Secondo i legali del Fatto Alimentare, inoltre, il grave danno lamentato non sarebbe stato in alcun modo documentato. Sussiste, invece, il danno per lite temeraria patito dalla testata giornalistiche, quantificato dalla difesa in 150mila euro.
San Benedetto nell’ultima memoria depositata al giudice insiste con la richiesta milionaria, bollando come «gravissime illazioni» quelle contenute negli articoli chiamati in causa; contesta la «mala fede» della testata e dichiara inesistente la lite temeraria.
In precedenza San Benedetto aveva chiesto la rimozione degli articoli dal sito del Fatto Alimentare, ma il Tribunale ha rigettato la richiesta per due volte, nell’agosto e ottobre del 2023, in quanto la stampa non può essere soggetta a sequestro preventivo. Ora la parola passa al giudice per la fase di merito.

Ultimo aggiornamento: 17:04 © RIPRODUZIONE RISERVATA

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