Veneto Banca, confermate le sanzioni Consob agli ex. Oltre 23mila azioni vendute senza prospetti informativi

La Cassazione rigetta i ricorsi di Carlesso, Chirò, Zoppas e D'Imperio: 100.000 euro

Lunedì 22 Aprile 2024 di Angela Pederiva
Veneto Banca, confermate le sanzioni Consob agli ex. Oltre 23mila azioni vendute senza prospetti informativi

Diventa definitiva un'altra serie di sanzioni amministrative elevate dalla Consob ad alcuni ex componenti del Consiglio di amministrazione e del Collegio sindacale di Veneto Banca. Con alcune sentenze depositate nei giorni scorsi, sono state respinte le impugnazioni di Attilio Carlesso, Vincenzo Chirò, Gianfranco Zoppas e Roberto D'Imperio, mentre Diego Xausa ha rinunciato al ricorso.

Per la Suprema Corte, era corretta la valutazione operata nel 2020 dai giudici d'Appello a Venezia, secondo cui tutti, indipendentemente dal ruolo esecutivo o meno rivestito nel 2013, dovevano rispondere della contestazione rivolta al gruppo di Montebelluna, quella cioè di aver «massicciamente e sistematicamente venduto ai propri clienti (soci e non soci) azioni proprie in contropartita diretta».


IL BUSINESS
In particolare il rilievo all'istituto di credito era di aver effettuato oltre 23.000 vendite «in assenza del prospetto informativo», con l'obiettivo di rafforzare di 150 milioni il proprio patrimonio per superare le criticità evidenziate dalla Banca d'Italia.

Fra le varie doglianze, gli ex consiglieri di amministrazione Carlesso e Zoppas avevano rimarcato il fatto di essere stati privi di deleghe. In più Chirò aveva sostenuto che fosse esistita una «struttura dirigenziale parallela ed occulta guidata da Vincenzo Consoli», al tempo amministratore delegato, «che avrebbe impedito al consiglio di amministrazione di attivarsi e percepire eventuali segnali d'allarme». Ma già la Corte d'Appello aveva concluso «che non vi fosse "traccia" di prova delle manovre preordinate all'occultamento delle iniziative». Ora la Cassazione ha aggiunto che «doveri di particolare pregnanza sorgono in capo al consiglio di amministrazione di una società bancaria, doveri che riguardano l'intero organo collegiale e, dunque, anche i consiglieri non esecutivi, i quali sono tenuti ad agire in modo informato e, in ragione dei loro requisiti di professionalità, ad ostacolare l'evento dannoso, sicché rispondono del mancato utile attivarsi». Per gli "ermellini", i vertici avevano «condiviso e approvato» la campagna promozionale, per cui tale attività avrebbe dovuto «indurre gli amministratori non esecutivi, rimasti inerti, ad esigere un supplemento di informazioni o ad attivarsi in altro modo». Anche loro, infatti, «devono possedere ed esprimere costante e adeguata conoscenza del business e, essendo compartecipi delle decisioni di strategia gestionale assunte dall'intero consiglio, hanno l'obbligo di contribuire ad assicurare un governo efficace dei rischi di tutte le aree della banca e di attivarsi in modo da poter efficacemente esercitare una funzione di monitoraggio sulle scelte compiute dagli organi esecutivi, non solo in vista della valutazione delle relazioni degli amministratori delegati, ma anche ai fini dell'esercizio dei poteri, spettanti al consiglio di amministrazione, di direttiva o avocazione concernenti operazioni rientranti nella delega».


LA DILIGENZA
Pure il Collegio sindacale avrebbe dovuto allertarsi, ha argomentato la Suprema Corte rispetto al ricorso di D'Imperio: «Una tale operatività consideratane la frequenza, le dimensioni e la rilevanza in relazione all'assetto finanziario della Banca non poteva passare inosservata a soggetti professionalmente qualificati, quali i componenti del collegio sindacale, tenuti a svolgere il loro incarico con la diligenza richiesta dalla natura dell'attività bancaria, trattandosi di operazione decisiva per il risanamento della banca su cui il ricorrente era tenuto a vigilare e ad informarsi per l'importanza del ruolo rivestito, le particolari competenze richieste e il valore strategico dell'operazione». Di conseguenza è stata confermata la sanzione di 100.000 euro a carico di Carlesso, Chirò, Zoppas e D'Imperio (che era stata comminata pure a Xausa e diversi altri). I ricorrenti dovranno pagare anche 10.400 euro di spese processuali.

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