Treviso/Thiene. Dopo l'ultimo tour, Marco Goldin guarda al futuro: «Basta mostre, adesso è il teatro che mi cattura»

Martedì 28 Novembre 2023 di Nicoletta Cozza
Marco Goldin a teatro con lo spettacolo su Van Gogh

TREVISO - Venticinquemila spettatori hanno assistito alle 30 repliche messe in scena finora. Con il sold out fisso. Un successo straordinario, quindi, peraltro destinato ad ampliarsi nelle prossime imminenti 4 date. “Gli ultimi giorni di Van Gogh. Il diario ritrovato”, lo spettacolo di Marco Goldin tratto dal suo omonimo libro, anche lo scorso fine settimana al Teatro Comunale di Thiene ha incassato applausi a non finire, con il pubblico rapito nell’ascoltare la narrazione dello storico dell’arte, accompagnato dalle musiche di Franco Battiato e dalle animazioni video di Alessandro Trettenero.

Goldin, che bilancio fa di questi primi mesi? 
«Decisamente lusinghiero dato che abbiamo avuto il tutto esaurito praticamente ovunque, anche in teatri con una capienza di 1.200/1300 posti.

Li abbiamo riempiti e non era facile tenuto conto che dal palco raccontavo la pittura, per quanto fosse quella di Van Gogh».


Che cosa le ha fatto più pacere?
«Vedere la gente così emozionata, come testimoniano tra l’altro i commenti sui social. Il progetto è andato molto bene e ora, dopo la 34. data l’11 dicembre all’Olimpico di Roma, ci sarà una sosta. Lo riproporremo quasi sicuramente da novembre 2024 così da arrivare a una cinquantina di repliche».


Cosa prova sul palco?
«È molto bello essere lì. I teatri sono diversi dal punto di vista strutturale: all’italiana, più moderni, e poi più grandi o più piccoli. In questi ultimi chi recita è quasi “tenuto in braccio” dalle persone, mentre negli altri gli spettatori in lontananza paiono dei puntini. Tutto ciò dà una dimensione diversa ogni sera, che mi affascina. Certo, nelle sale “più intime” da 5/600 posti come a Thiene lo spettacolo diventa un colloquio, come nel salotto di casa. E guardare negli occhi le persone, per capire dallo sguardo quello che provano mentre parlo di pittura, è una cosa che mi è sempre piaciuta».


Venticinquemila persone e sold out dappertutto: il merito è di Van Gogh, di Battiato o di Goldin?
«Van Gogh attira, lo sappiamo, però anche il connubio tra questo straordinario pittore e uomo, e la maniera in cui io lo racconto nelle mostre, nei libri e negli spettacoli, contribuisce a richiamare il pubblico, che poi è in gran parte quello di Linea d’ombra, che ha visitato le mie mostre ed è abituato al mio modo di narrare l’arte, che lega, lavorando con le parole, la pittura alla vita, in un equilibrio tra emozione e conoscenza. Uno spettacolo come questo è fatto di immagini meravigliose, lavorate in modo moderno: certo, ci sono bellezza e poesia, ma anche contemporaneità nel linguaggio, grazie alla tecnologia. E poi avendo avuto il privilegio di utilizzare le musiche di Battiato, ho cercato un equilibrio appunto tra parola, immagine e musica, elementi che devono convivere, senza che uno sia preponderante sull’altro».


A proposito di mostre, ne ha qualcuna in programma?
«Un po’ di nostalgia naturalmente c’è, visto che faccio il curatore da 40 anni, lavoro che non mi ha mai stancato, che mi ha appassionato prendendomi fin dentro l’anima, al di là del successo riscosso. Però per tornare desidererei qualcosa di nuovo e di diverso, nella modalità e nei temi. Non mi riconosco nella modalità sempre più imperante che consiste nel fare esposizioni con “pacchetti” uguali che girano da una città all’altra. Arrivano dai musei senza quasi esprimere un progetto curatoriale: tutto ciò non mi interessa. Per cui se decidessi di tornare, e di sicuro non potrà essere a breve, farei come sempre precedere le mie mostre da un lungo lavoro di studio, non utilizzando scorciatoie. Sono stato abituato a richiedere i quadri necessari a tanti musei del mondo contemporaneamente, opere specifiche che rientrano nel mio progetto scientifico e riguardano un determinato argomento. Ci vuole quindi tanto tempo per cui escludo di tornare a breve. Certo, in futuro potrebbe accadere».


E i libri?
«Se riprenderò a fare mostre probabilmente scriverò un libro sul tema scelto, come ho fatto in passato per esempio con la storia del paesaggio, o della notte dipinta. Ho moltissimi appunti, dentro di me coltivo progetti non convenzionali, dopo aver realizzato tante esposizioni che hanno richiamato milioni di visitatori, tra cui 6 su Van Gogh, 4 su Monet, sull’Impressionismo e, unica in Italia, sulla pittura americana dell’Ottocento. I risultati li ho ottenuti, con oltre 11 milioni di visitatori, ma adesso non mi sento più ossessionato dai numeri. Quello che mi potrebbe interessare sarebbe fare qualcosa di differente, frutto dell’evoluzione della mia vita. Anche per questo il teatro mi cattura».


Intanto a Padova in primavera dove c’era Van Gogh arriverà un’antologica su Monet.
«È un bel passaggio di testimone tra 2 pittori straordinari. Con la differenza che questa di Monet non resterà chiusa 5 mesi, come capitato alla precedente di Van Gogh a causa della pandemia.

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