MONTEBELLUNA - Due anni e tre mesi di reclusione per stalking e maltrattamenti verso la compagna ma anche stalking nei confronti del proprio neonato. Con questa sentenza si è chiuso ieri in tribunale a Treviso il processo nei confronti di un 33enne di Montebelluna, assolto invece dall’accusa di maltrattamenti al pargolo. Una condanna comunque ridotta rispetto a quanto aveva suggerito, al termine della sua requisitoria, il pubblico ministero Mara De Donà, che nel corso del processo aveva chiesto per l’uomo, esponente della Montebelluna bene e piuttosto conosciuto in città, 4 anni di reclusione. Il 33enne, difeso dall’avvocato Fabio Crea, era infatti accusato di aver maltrattato la compagna e il figlio neonato, entrambi parti civili rappresentati dagli avvocati Fabio Capraro e Luciano Meneghetti.
UN ANNO INFERNALE
A quanto è emerso dalle testimonianze dell’accusa, la donna sarebbe stata perseguitata, dopo che, esasperata da una situazione invivibile, si era trasferita con il figlio dai genitori.
INSULTI DI OGNI TIPO
Da brividi, in particolare, il riferimento a minacce “di stampo mafioso” dell’imputato. Che, in un crescendo rossiniano, sarebbe arrivato a costringere la compagna a correre nel tapis roulant per dimagrire, quando già era incinta di tre mesi. La donna è stata descritta come “succube” del compagno che avrebbe dimostrato disinteresse anche nei confronti del figlio. Secondo la difesa, però, i messaggi d’amore e d’affetto inviati dall’imputato alla donna non testimonierebbero una situazione del genere, smentendo timori per l’incolumità del bambino. E tali messaggi -sempre secondo la difesa- sarebbero stati scambiati proprio nel periodo in cui l’imputato avrebbe attuato gli atti persecutori nei confronti della compagna per i quali è finito a giudizio. Messaggi che, però, non sono bastati a evitare all’uomo la condanna.