Aggressione e rapina, baby boss a 13 anni. La mamma del bullo si scaglia contro gli agenti: «Lasciatelo, non ha fatto nulla»

Venerdì 8 Marzo 2024
Baby gang a Treviso

TREVISO - «Dovete lasciarlo stare, non ha fatto niente!». È arrivata in questura mettendosi a urlare e inveire contro tutti gli agenti che le passavano davanti. Insulti, minacce, accuse: uno show completo. Tutto per difendere il figlio accusato di aver appena commesso una rapina. Si è presentata così la mamma del tredicenne, il capo della banda di ragazzini terribili di San Liberale, terrore degli adolescenti trevigiani.
Non era arrabbiata, furente, per l'azione del figlio. No. Ma per "l'oltraggio" fatto dagli agenti che si sono permessi di fermarlo. Ad assistere alla scena, allibiti, i genitori del quindicenne aggredito che stava raccontando all'ufficio volanti quanto accaduto poche ore prima. E che un po' si preoccupa. Ma non per se stesso. «Ma adesso cosa farete a quei ragazzi?», chiede all'agente che sta prendendo la deposizione. «Al tredicenne niente perché non è imputabile, se ne torna a casa con sua mamma - è la risposta - il quindicenne invece verrà denunciato». I genitori osservano, poi guardano il figlio e gli fanno notare come sia purtroppo facile prendere la strada sbagliata, scivolare e scegliere il male al posto del bene.

LA RIFLESSIONE

E qui ragazzo sorprende tutti con una riflessione da persona matura, molto più grande dei suoi quindici anni pieni di speranze: «No mamma, loro non possono scegliere. Io sì. Ma loro no. Loro sono quei ragazzi che nessuno vuole, nemmeno le loro stesse famiglie. Che a scuola nessuno bada e che passano il tempo per strada, senza avere niente da fare». Parole che hanno colpito anche gli stessi poliziotti. Ma che non hanno impedito al giovane di fare fino in fondo il proprio dovere con grande coraggio e maturità: ha infatti identificato i due che per primi lo hanno fermato in piazza Borsa e descritto quello che gli ha strappato di mano il portafoglio e che, entro poco, verrà identificato. E poi ha sporto regolare denuncia. «Siamo stati in questura dalle 14,30 alle 19 - racconta la mamma dello studente - gli agenti sono stati bravissimi e gentilissimi, fin da quando sono arrivati vicino al cavalcavia e si sono presi cura di mio figlio facendolo salire sulla volante e chiamando suo padre».

I CONSIGLI

Una storia del genere colpisce per la giovane età degli aggressori, per la malizia di un ragazzino di soli tredici anni a capo di una gang e per la maturità di un giovane studente. «Ma perché questi ragazzi restano soli? - si chiede la madre - perché a scuola non riescono a gestirli? Perché le istituzioni non si occupano di loro? Se le famiglie non li seguono, loro che punti di riferimento hanno? Ha ragione mio figlio quando dice che non hanno possibilità di scegliere. Passano le giornate per strada, magari ascoltando canzoni e vedendo video che esaltano chi commette reati e finisce in prigione. Fanno le cose senza nemmeno rendersi conto della gravità. In questo caso hanno fatto una rapina aggravata per comprarsi il kebab, come se fosse una cosa normale. Non ha senso. Ma non viene fatto niente per aiutarli». E poi il consiglio: «Se vi trovate accerchiati non reagite, non fate gli eroi. Dategli quello che chiedono e poi chiamate la Polizia. Meglio perdere qualche euro che venire picchiati. Perché questo succede».
 

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