PADOVA - Confronto all’americana in aula ieri pomeriggio, davanti al giudice del Tribunale monocratico Mariella Fino, durante l’udienza per il processo al professore Massimo Montisci, ex direttore dell’Unità operativa di Medicina legale. Il docente è finito alla sbarra per i reati di favoreggiamento, depistaggio, falso ideologico e truffa aggravata. L’inchiesta è legata alla morte del 72enne Cesare Tiveron, avvenuta il 13 settembre del 2016 in via Gattamelata davanti alla sede dello Iov.
LE TESTIMONIANZE
Sul banco dei testimoni Vartan Giacomelli, il pubblico ministero di turno quel giorno, ora giudice del Tribunale di Ferrara cui il sostituto procuratore Sergio Dini ha chiesto come mai conferì l’incarico a Montisci anche se non era di turno, al posto del dottor Giovanni Cecchetto. Una procedura del tutto regolare secondo la difesa del professore, rappresentata dall’avvocato Emanuele Fragasso jr, perchè Montisci è specializzato negli esami di tossicologia e il dottor Cecchetto all’epoca non lo era.
Davanti al giudice Giacomelli ha raccontato che non fu lui a chiamare Montisci, ma che di contattare il medico legale se n’era occupato l’Ufficio di polizia giudiziaria della Procura che all’epoca era prassi così, tanto che i pm avevano tutto sul tavolo il giorno successivo. Giacomelli ha ribadito che per lui si trattava di un “normale” incidente stradale. A quel punto è stato chiamato sul banco dei testimoni Domenico Sartorio, all’epoca vice responsabile della sezione polizia giudiziaria dei carabinieri, che quel giorno ha fatto il conferimento dell’incarico. Il militare ha testimoniato di essere stato convocato da Giacomelli che gli avrebbe detto che a bordo dell’auto dell’incidente c’era Domenico Mantoan, direttore generale della sanità della Regione (al volante c’era Giorgio Faccini) e che per questo bisognava fare tutta una serie di prelievi (alcol test e tossicologico).
IL MEDICO
Prima di questo colpo di scena, a rispondere alle domande della pubblica accusa, dei difensori di Montisci e della parte civile (avvocato Sartori), ovvero i quattro figli della vittima, è stata Mechtilde Adam, il medico di pronto soccorso che aveva ricevuto in cura dal 118 il 72enne Cesare Tiveron. «Un arresto cardiaco senza o quasi ferite sul corpo non l’avevo mai visto. Per questo in cartella avevo scritto che non si poteva escludere nessuna causa di morte e quindi ho richiesto l’autopsia».