Israele Hamas, l'ex capo dello Shin Bet: «Li inseguiremo nei tunnel di Gaza, nemmeno gli ostaggi ci fermeranno»

Parla Yaakov Peri, capo del servizio segreto interno Shin Bet dal 1988 al ‘95, inviato di tre premier per i prigionieri di guerra, ministro della Scienza, della Tecnologia e dello Spazio nel 2013

Domenica 22 Ottobre 2023 di Marco Ventura
Israele Hamas, l'ex capo dello Shin Bet: «Li inseguiremo nei tunnel di Gaza, nemmeno gli ostaggi ci fermeranno»

«I militanti di Hamas vanno uccisi o neutralizzati tutti, anche fuori Gaza.

Bisogna sradicare Hamas e chiedere all’Autorità palestinese, se possibile, di farsi carico del governo della Striscia. Oppure a una figura come Mohammed Dahlan», palestinese di Gaza in esilio a Abu Dhabi. «Gli oltre 200 ostaggi ci pongono di fronte a un dilemma morale enorme, ma sbaglia Hamas se crede di poter rinviare l’operazione di terra rilasciandone qualcuno ogni due giorni. Hamas è peggio dei nazisti, sono barbari. Rischiamo di dover combattere su quattro fronti, ma possiamo farcela». Yaakov Peri, capo del servizio segreto interno Shin Bet dal 1988 al ‘95, inviato di tre premier per i prigionieri di guerra, ministro della Scienza, della Tecnologia e dello Spazio nel 2013, all’indomani del massacro aveva dichiarato a Quarta Repubblica che Hamas sarebbe stata eliminata «con o senza i nostri ostaggi». Adesso, dopo la liberazione dei primi due, ammorbidisce i toni, ma non la sostanza. E come possibile leader della futura Gaza fa a sorpresa il nome di Dahlan, l’ex ministro della Sicurezza di Fatah, espulso da Abu Mazen.

Direttore Peri, quali sono oggi le opzioni per Israele?
«Ce ne sono diverse. La principale è un’operazione di terra: l’esercito entra in forze nella Striscia, a Gaza City, e insegue quanti si nascondono nella città sotterranea, la metropolitana di Gaza. La seconda è continuare con gli attacchi aerei e in parallelo negoziare con Hamas sugli ostaggi. La terza consiste nel lasciare quelli di Hamas a corto di rifornimenti e aspettare che si indeboliscano e chiedano aiuto. Ma potrebbero servire mesi. Dipende dal tempo che Israele è disposto a investire».

Quale opzione prevarrà?
«Per quanto ne so, il governo ha deciso di procedere all’eliminazione di Hamas, uccidendo o neutralizzando tutti i suoi appartenenti».

Quali sono i rischi dell’intervento? Hamas ha armi iraniane, siriane e nord-coreane…
«Il problema non sono le armi nuove di Hamas, noi abbiamo abbastanza armi, razzi e munizioni. Il problema sono le perdite che subiremo entrando a Gaza. Non sarà facile snidare e colpire i militanti. Ci vorranno 4-5 mesi. Inoltre, Hamas è anzitutto un’ideologia. La gente, a Gaza, crede in Hamas e nel suo modo di agire. Si possono eliminare le persone, non le idee. E se anche l’esercito israeliano facesse il miglior lavoro possibile, in 2-3-4 anni ci troveremmo di fronte un’altra Hamas. La vera domanda è che cosa fare dopo la guerra. Restare a Gaza non sarebbe una buona idea. La realtà è che nessuno vuole essere responsabile per Gaza, né la comunità internazionale, né l’Egitto. Nessuno vuole una patata bollente come questa. Si potrebbe chiedere all’Autorità palestinese, che però è troppo debole. Io cercherei una nuova leadership. Ci vorrebbe qualcuno come Mohammed Dahlan, per costruire un nuovo governo o regime nella Striscia. Ma è complicato».

 

È stata creata un’unità speciale per uccidere i responsabili del 7 ottobre… 
«Non è semplice parlarne apertamente, ma le assicuro che Israele ha gli strumenti per trattare i leader di Hamas, a Gaza e fuori. Intanto, abbiamo oltre 200 ostaggi nella Striscia e ci sarà una pressione enorme dei familiari sul governo israeliano per riportarli a casa, già adesso chiedono di rinviare l’intervento finché i loro cari non saranno rientrati. Ma so che il gabinetto di guerra vuole procedere all’eliminazione di Hamas. E sbaglia Hamas se cercherà di giocare con noi rilasciando qualche ostaggio ogni tanto, con la speranza di posticipare l’attacco».

È possibile che il conflitto si estenda?
«I fronti potenziali sono quattro: Gaza, la Giudea e Samaria dove ci sono terroristi, gli arabi israeliani che ora sono in una specie di sonno ma che potrebbero agire e, naturalmente, i confini libanese e siriano per via degli Hezbollah, che dicono di essere pronti a invaderci. Dovremo combattere forse su più fronti insieme. Possiamo farcela, ma è complesso, e richiede tempo e risorse. Non credo, invece, che interverrà direttamente l’Iran. Dovrebbe vedersela con gli americani che hanno mandato navi e soldati».

Quanto peseranno le divisioni politiche dentro Israele?
«Basta vedere i social: la maggioranza degli israeliani ritiene che questa sia la fine di Netanyahu. C’è molta rabbia per quanto è successo e dopo la guerra la gente chiederà un cambio di governo o nuove elezioni».

Guardiamo indietro al 7 ottobre…
«Hamas è un’organizzazione barbara. Li chiamiamo nazisti, ma i terroristi di Hamas sono più disumani: non ho parole per l’orrore che provo di fronte ai bambini a cui viene sparato alla testa, a famiglie intere bruciate vive. Israele non era pronto. È stato un fallimento dell’intelligence, dell’esercito e della tecnologia della difesa. Ce ne occuperemo dopo la guerra». 

Ultimo aggiornamento: 23 Ottobre, 10:02 © RIPRODUZIONE RISERVATA