Procure, la scelta dei capi: peseranno i voti in pagella, bocciature in caso di «gravi anomalie»

Il decreto in arrivo: con il fascicolo dei magistrati nuove regole per le nomine

Lunedì 27 Novembre 2023 di Andrea Bulleri
Procure, la scelta dei capi: peseranno i voti in pagella: bocciature in caso di «gravi anomalie»

«Nessuna volontà punitiva», ripete chi a via Arenula ha seguito il dossier.

Dietro la scelta di aprire alla valutazione dei magistrati con vere e proprie “pagelle” ogni 4 anni, con tanto di giudizi come «ottimo», «discreto», «buono», «non positivo» o «negativo» – come anticipato ieri dal Messaggero – c’è piuttosto un altro obiettivo: «Mettere fine alla discrezionalità eccessiva con cui certe scelte sono state fatte finora», viene spiegato. A cominciare dall’individuazione di chi, tra giudici e pubblici ministeri, dovrà rivestire ruoli di vertice: dalle presidenze dei tribunali alla guida delle procure. Una scelta per la quale, quando le nuove regole entreranno a regime, bisognerà tener conto non solo dell’anzianità del magistrato, ma anche delle valutazioni di performance che ha riportato negli anni. Puntando in prima battuta su chi ha ottenuto i giudizi più alti. 

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IL PROVVEDIMENTO

È uno degli effetti del provvedimento che questa settimana dovrebbe approdare sul tavolo del consiglio dei ministri, forse già oggi. Di fatto, si tratta di un decreto delegato della legge Cartabia, promossa dall’ex Guardasigilli del governo Draghi per accelerare i tempi della giustizia e centrare gli obiettivi del Pnrr. Una norma che traduce in pratica il cosiddetto fascicolo del magistrato, «istituito presso il Consiglio superiore della magistratura» per raccogliere tutti gli atti firmati dal giudice o dal pm utili per la sua valutazione (in base a criteri come produttività, presenza in ufficio, tempi di smaltimento del lavoro). 

Aspetti in base ai quali sarà lo stesso Csm, l’organo di autogoverno della magistratura, a dare un “voto” ai magistrati. Non più un giudizio sommario come previsto dalla legge oggi in vigore («positivo», «non positivo» o «negativo»), che finisce per tradursi in un 99% di giudizi positivi, lasciando in molti casi – sostengono i critici – la scelta degli incarichi di vertice in balìa degli accordi tra correnti. Invece bisognerà utilizzare una scala di valori dettagliata. Con giudizi dei quali si dovrà tenere conto nella progressione della carriera, anche per consentire «aggiustamenti» in corso d’opera ai magistrati che dovessero rivelarsi poco “performanti”. 
Ma come cambierà, concretamente, il processo di valutazione? Una prima «rivoluzione», a leggere il provvedimento stilato dalla commissione di via Arenula – guidata dal consigliere della Corte di Appello di Milano Claudio Maria Galoppi – avverrà già nella composizione dei consigli giudiziari, gli organi consultivi decentrati del Csm chiamati a formulare un primo parere dei giudici sotto esame. Col nuovo testo, infatti, a votare nei consigli non saranno più soltanto i magistrati (il che contribuiva, secondo gli estensori della riforma, al tasso altissimo di voti positivi), ma anche gli avvocati. Che si faranno interpreti del parere espresso dal consiglio del proprio ordine di appartenenza. In altre parole: anche il consiglio forense di ogni distretto giudiziario avrà voce in capitolo sulle toghe che operano in quel contesto, prima che la palla passi al Csm. 
Tra le novità c’è poi il capitolo delle sanzioni per chi ottiene un giudizio «negativo». In quel caso, il Csm provvede a una nuova valutazione dopo 12 mesi. E se anche l’esito di questo secondo screening non è positivo, il magistrato può essere «dispensato dal servizio». 

GRAVI ANOMALIE

A tanto, però, si arriverà solo in un ristretto numero di casi. Ad esempio se ricorrono nell’operato del giudice «gravi anomalie concernenti l’esito degli affari nelle successive fasi e nei gradi del procedimento e del giudizio», oppure relative «alla conduzione dell’udienza» o «all’idoneità a utilizzare, dirigere e controllare l’apporto dei collaboratori». Il provvedimento scende ancor più in dettaglio: con «gravi anomalie» bisogna intendere, si legge, «il rigetto delle richieste avanzate dal magistrato o la riforma e l’annullamento delle decisioni per abnormità, mancanza di motivazione, ignoranza o negligenza nell’applicazione della legge». O ancora il «travisamento manifesto del fatto», la «mancata valutazione di prove decisive» se «di particolare gravità» o se «il rigetto, la riforma o l’annullamento» delle sentenze «assumono carattere significativo rispetto al complesso degli affari definiti dal magistrato». In altre parole, se buona parte delle pronunce di quel giudice finisce per essere cassata. 

Una limitazione, quest’ultima, che fa dire a Enrico Costa di Azione (promotore della norma che ha introdotto il fascicolo del magistrato in legge Cartabia) che alla fine «le bocciature si limiteranno a pochissimi casi-limite». Un sospetto che emerge anche dentro Forza Italia. Dove – seppur il provvedimento vada incontro alle richieste degli azzurri – è diffusa l’opinione che «sarebbe stato meglio intervenire fin dai primi, macroscopici errori dei giudici». 

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