Gender gap, dall'Oscar al Nobel i premi sono un fatto da uomini. Gabriella Greison: «Ecco come cambiare»

Lungo l'elenco di scienziate dimenticate dalla storia. La fisica Greison: "vanno riscattate"

Mercoledì 21 Febbraio 2024 di Maria Lombardi
Gender gap, dall'Oscar al Nobel i premi sono un fatto da uomini. Gabriella Greison: «Ecco come cambiare»

Hai visto, Barbie, coma va il mondo reale? Tu “inventi” Ken, ne fai una star, batti tutti al botteghino, sei acclamata e poi alla festa invitano solo lui.

Altro che Barbieland.

Infuriata? Siamo con te. «Non può esserci Ken se non c’è Barbie», anche Ryan Gosling ci è rimasto malissimo, lui in corsa agli Oscar come miglior attore non protagonista del tuo film cult, e tu fuori. Barbie, quella notte, sarai un uomo. Per la regista Greta Gerwig e la protagonista Margot Robbie nessuna nomination. «Il patriarcato esiste ancora, ma oggi lo nascondiamo meglio», forse avevi ragione tu.

LE ALTRE

Consolati, Barbie, non sei la sola esclusa a Los Angeles. A qualcun’altra è andata anche peggio. Prendi la fisica nucleare Leona Woods, non compare nemmeno mezzo secondo nel film Oppenheimer, 13 candidature agli Oscar. Eppure c’era anche lei tra gli scienziati che lavoravano al Progetto Manhattan, sul finire della seconda guerra mondiale, per realizzare le prime bombe atomiche. La più giovane a Los Alamos, quartier generale di quei cervelloni: laurea in fisica a 18 anni, dottorato a 23, un talento nella rilevazione delle particelle nel vuoto.

«Nel gruppo di Enrico Fermi era un’eroina. Invece fuori da quell’enclave è stata dimenticata. Dal regista di Oppenheimer, Christopher Nolan, e dagli storici». Gabriella Greison, fisica, scrittrice, drammaturga e divulgatrice scientifica, le ha dedicato un libro, La donna della bomba atomica (in uscita con Mondadori). Non è un caso, questa rimozione. «La maggior parte dei film e dei libri sulla fisica quantistica, il nucleare, le bombe atomiche sono fatti da uomini che raccontano le gesta di altri uomini. Più di 600 donne hanno lavorato al progetto Manhattan, nel film ne compare solo una, Lilli Horning, per dieci secondi». Chi le ha viste? Da protagoniste a comparse, a volte nemmeno quello. La storia è piena di nomi cancellati, servirebbe un’altra storia parallela per riscattare tutte le “ghostate”. A cominciare da Cleopatra. «Ridotta al ruolo di seduttrice, perché seccava constatarne intelligenza e arguzia. Invece lei è stata poetessa, filosofa, politica e statista», racconta la rockstar della fisica, come è stata definita Greison. E da allora, quanti premi negati o “rubati”, quante sedie e cattedre occupate da altri. La scienza è stata particolarmente ingiusta. La più grande esclusione?

Quella della giovane scienziata Rosalind Franklin. Alcuni suoi dati inediti furono decisivi nella scoperta della struttura a doppia elica del Dna. Il Nobel fu assegnato, nel 1962, ai colleghi Francis Crick, James Watson e Maurice Wilkins. Gloria eterna per tre uomini e ombra per Rosalind, nemmeno menzionata, come tante altre. «La patologa e istologa Giuseppina Cattani, brillantissima scienziata vissuta tra XIX e XX secolo: ha isolato una coltura del bacillo del tetano che porterà alla messa a punto del siero antitetanico», come ha ricordato Eugenia Tognotti, già professore ordinario di Storia della Medicina e Scienze Umane all’università di Sassari. «La sua scoperta è comunemente attribuita al professore di cui era assistente all’università di Bologna, Guido Tizzoni».

E poi, Lise Meitner: si deve anche a lei la scoperta della fissione nucleare, ma il Nobel per la chimica nel 1944 è andato solo a Otto Hahn. Lo stesso premio per la Medicina assegnato nel 1957 a Daniel Bovet sarebbe spettato anche a sua moglie, la chimica e farmacologa Filomena Nitti. Tra le altre dimenticate a Stoccolma, Jocelyn Bell Burnell che ha rivelato i primi segnali di pulsar nel 1967, ma l’Accademia ha premiato solo il suo supervisore, Antony Hewish. E Chien-Shiung Wu, fisica nucleare cinese, “star” nello studio del decadimento beta, ma il Nobel, nel 1957, l’hanno preso i suoi colleghi Tsung-Dao Lee e Chen-Ning Yang. «Vorrei sapere se gli atomi e i nuclei, o i simboli matematici, le molecole del Dna preferiscano avere un trattamento maschile o femminile», disse Madame Wu, così era conosciuta, in un Simposio al Mit, nel 1964. Bella domanda.

L’IMMAGINE

Altre scienziate da riscattare? «Mileva Maric che non si è realizzata nella fisica, come Leona Woods, per il solo fatto di essere una donna che ha avuto dei figli e si è sposata con Albert Einstein», sostiene la divulgatrice scientifica. «Leona è stata la rivincita di Mileva». La teoria della relatività, secondo alcuni studiosi, sarebbe anche merito suo. Quanto è lontana la foto in bianco e nero scattata a Bruxelles il 29 ottobre del 1927? In posa, 29 scienziati, una sola è donna, Marie Curie. Ci sono Einstein, Heisenberg, Piccard, Kramers, Planck, Lorentz, solo per citare qualcuno. È il più importante ritrovo di cervelloni della storia, 17 tra loro erano o sarebbero diventati premi Nobel. «Nella conferenza del 1927 sono state gettate le basi della fisica quantistica, lì è nato il nostro futuro», spiega Greison. Se le scattassero oggi, quella foto, le donne sarebbero ancora in minoranza? «Sì, quella foto è stata la mia ossessione. L’ho raccontata per 700 repliche a teatro in Monologo Quantistico e in un libro L’incredibile cena dei fisici quantistici. Oggi quell’immagine è la nostra sfida più grande. Dobbiamo combattere affinché le cose cambino. Ma, purtroppo, sono ancora così». Perché si fatica ancora ad emergere nella ricerca? «Oggi le scienziate a capo dei centri di ricerca, delle università o dei politecnici, ricevono questi incarichi perché lo richiede l’Europa. Ma c’è un osso duro di scienziati che continua a pensarla come anni e anni fa. Basti considerare i premi assegnati, dai più piccoli ai più grandi: le commissioni sono fatte di uomini, che premiano altri uomini, che raccontano idee di altri uomini. Oppure i Nobel per la fisica: 120 attribuiti a uomini, soltanto 4 alle donne. Non è poco? Sì, è niente. Questo fa vedere alle ragazze delle nuove generazione che non vinceranno mai. Assurdo». Scienza e non solo. Anche in economia, tante studiose non adeguatamente riconosciute. Da Joan Robinson, «la ribelle di Cambridge», Keynes le mandava la bozza dei suoi libri, a Deirdre McCloskey, economista e storica americana, un altro Nobel mancato.

O nella tecnologia, Ada Lovelace, matematica inglese nata nel 1815, considerata la prima programmatrice al mondo, peccato essersene accorti molto tempo dopo la sua morte. A Leona, Rosalind, Lise, Chien, Ada e alle altre. Un Nobel a tutte le dimenticate.

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Ultimo aggiornamento: 2 Marzo, 17:55 © RIPRODUZIONE RISERVATA