Neri Marcoré: «Sono un supereroe che spesso le prende»

L’attore parla del podcast Audible “Marvel’s Wastelanders: Star-Lord”, di cui è protagonista con Corrado Guzzanti: «Sono al servizio del bene in un mondo dove i cattivi hanno vinto»

Martedì 25 Luglio 2023 di Katia Ippaso
Neri Marcoré: «Sono un supereroe che spesso le prende»

«La terra fa ufficialmente schifo». È il modo con cui il personaggio di Peter Quill entra in scena nella prima stagione di Marvel’s Wastelanders: Star-Lord, la serie podcast ora disponibile su Audible. Quill (Star-Lord) è un antieroe che, assieme all’inseparabile Rocket Raccoon (a dargli voce è Corrado Guzzanti), lavora al servizio del bene, in un mondo in cui i cattivi hanno vinto.

«Questo non è che l’inizio di un viaggio distopico nel mondo alternativo del Multiverso Marvel, ma le cose cambiano continuamente.

A tratti i Guardiani della Galassia riprendono il timone, per essere di nuovo sconfitti. Di certo, tutto quello che accade in questo futuro alternativo ricorda il mondo reale. Per esempio l’ambiente», riflette Neri Marcorè, 56 anni, che dà la voce al personaggio-guida della prima stagione (in lavorazione altre cinque stagioni, focalizzate su differenti supereroi della Marvel tra cui Hawkeye, Black Widow, Wolverine e Doctor Doom). È l’occasione per parlare non solo di realtà e finzione, ma di ciò che definisce l’identità soggettiva - la voce umana, la capacità di raccontare storie - in un mondo che si avvia a dare sempre più spazio all’intelligenza artificiale. 


Come ci sta nei panni del suo supereroe, parecchio lento e a suo modo romantico? 
«Ho cercato di essere il più professionale possibile. Questo lavoro non è molto diverso da quello che ho fatto nei miei lunghi anni da doppiatore. L’unica differenza è che in questo caso non vedo il personaggio che sto doppiando. In fondo, sei anche più libero. La voce ti porta lontano. Quest’esperienza mi ha riportato alla mente il periodo in cui ascoltavo i radiodrammi e non volevo perdermi neanche un frammento della storia». 


Nell’esplorare questo mondo desolato è in compagnia di Rocket, che ha la voce di Corrado Guzzanti. Da “L’ottavo nano” al mondo della Marvel, come è stato ritrovarvi?
«Corrado è un amico e, come tutti sanno, è un geniaccio della comicità. È stato un piacere ritrovarlo e creare con lui una coppia comica».


Lei legge la fantascienza? 
«Non tanto. Mi appassiona di più la realtà, come le cose possono evolvere o involvere senza che siano traslate in un’altra dimensione». 


A un certo punto della storia, Peter Quill rimane affascinato da un robot donna. È stato straniante? 
«È una scena divertente e ben scritta. Racconta la fascinazione per tutto quello che è evidentemente sintetico, avendo al tempo stesso qualcosa di umano». 


Come nel film “Lei”, in cui un uomo si innamora del sistema operativo del suo computer? 
«Quel film, bellissimo, ci riporta alla domanda fondamentale: di che cosa un essere umano ha veramente bisogno? Sembrerebbe che tutto quello di cui abbiamo bisogno sia il conforto, l’ascolto dell’altro». 


L’intelligenza artificiale minaccia il lavoro di attori e doppiatori. Si sente assediato? 
«Dal tempo della rivoluzione industriale in poi, si è sempre cercato di sostituire l’uomo con la macchina. È successo nelle fabbriche, dove i macchinari hanno preso il posto degli operai. È successo con i computer, che ci fanno usare sempre di meno il cervello. E potrebbe accadere anche con la nostra voce. È pericoloso, perché perdere la voce significa perdere l’identità». 


Come fissare i limiti? 
«È questo il punto. Credo che sia una questione di diritti. L’anima, la coscienza, l’intelligenza, la sensibilità dell’interprete possono non avere più nessun valore in un mondo in cui un androide alla Blade Runner o qualsiasi altro tipo di intelligenza artificiale prendono il sopravvento». 


Da piccolo, c’era una voce che le raccontava le storie? 
«Sì, la voce di mia madre. Mi ricordo ancora la storia della barca che va per mare e per terra. Una storia che ci insegna che è sempre meglio accogliere e includere, perché non sai mai di cosa avrai bisogno un giorno. Quello che può sembrarti un peso oggi si trasforma in una risorsa domani». 


E lei quali storie ha raccontato ai suoi figli? 
«Le stesse che mi raccontava mia madre». 


Questo tipo di trasmissione orale ha avuto un’influenza nel mestiere che poi ha scelto di fare?
«Sicuramente lo ha avuto. Ascoltare e raccontare storie è il cuore dell’attività umana. Che si tratti di cinema o di narrativa, di radio o di podcast, alla base c’è la stessa volontà di conoscere».

 
Il 14 agosto uscirà il nuovo film di Edoardo Leo e Massimiliano Bruno, “I peggiori giorni”. Quale è il suo ruolo? 
«Sono uno dei protagonisti dell’episodio ambientato a Ferragosto. Assieme a mia moglie (Anna Ferzetti, ndr), mi confronto aspramente con un’altra coppia di amici, perché il loro figlio ha molestato nostra figlia».


Come reagirebbe, se capitasse a sua figlia? 
«Come ogni padre, tendo ad essere protettivo. Ma è anche importante far capire ai figli che ogni ferita aiuta a crescere. È quello che alla fine ci dice la ragazza adolescente nel film: chi ve l’ha detto di mettervi in mezzo?». 

 

Ultimo aggiornamento: 09:24 © RIPRODUZIONE RISERVATA

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