Guillermo Mariotto: «Picchiato dai bulli perché gay. A 13 anni mi ribellai. Mio fratello mi disse: "Sei la macchia del nostro cognome"»

Giovedì 16 Novembre 2023
Guillermo Mariotto: «Picchiato dai bulli perché gay. A 13 anni mi ribellai. Mio fratello mi disse: "Sei la macchia del nostro cognome"»

Guillermo Mariotto, 57 anni, stilista apprezzatissimo e giurato di Ballando sotto le stelle,  è testimonial del Moige, tiene conferenze sul bullismo a scuola. Lui stesso da ragazzino è stato vittima di violenze e omofobia e  oggi rivolge un pensiero a quel ragazzino che si è tolto la vita a Palermo, perché preso in giro dai suoi compagni che lo chiamavano gay. «So cosa significa stare chiusi in un bagno e non sapere a chi potersi rivolgere, non ai genitori, non a un fratello, non a un amico, è una tortura, un incubo.

A me andò bene, reagii, picchiai i bulli che mi dicevano che ero gay. Ero forte, battagliero. Ma non tutti hanno questo carattere, c’è chi si chiude in se stesso», racconta al Corriere della Sera.

 

Quando picchiò un bullo

A Caracas affrontò, su un campo da calcio, a scuola, il capo dei bulli. «Avevo 13 anni e quel giorno giocavo in difesa. Come sempre ero bersagliato da insulti irriferibili. All’ennesimo, esplosi. Raggiunsi a centrocampo il boss del gruppo con cui avevo già questionato, un malandrino, tale Muniz, e gli montai sulle spalle, strappandogli i capelli dalla testa. Fu spettacolare, una scena davanti a genitori e professori. Da allora divenni un intoccabile. Avevo vinto la mia guerra, quando Muniz mi vedeva cambiava strada».

 

Gli insulti e le botte a scuola

A scuola lo vessavano: «Si capiva che ero gay, vestivo in un certo modo, forse più elegante degli altri. I bulli sbroccavano perché ero forte nello sport, ciò li mandava letteralmente in bestia: figurarsi, un omosessuale. Mi picchiavano regolarmente, mi aspettavano sotto casa. Se sono andato bene nell’atletica, con buoni tempi nei 100 metri, è perché ho imparato presto a scattare e scappare».

 

La vergogna della famiglia

Non ha mai avuto supporto dalla sua famiglia. «Volevo un gran bene alla favolosa nonna materna, Leonor. Ripeteva: “Guarda che non sei sbagliato, sei solo nato nel posto sbagliato. Prenditi una laurea e vai via da qui. Mio fratello invece arrivò a dirmi che ero la macchia del nostro cognome, papà e mamma... mah, siamo lì. Io Seguii il consiglio di nonna Leonor, andai in California e mi laureai al College of Arts in disegno industriale».

Ultimo aggiornamento: 16:20 © RIPRODUZIONE RISERVATA
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