Giovanni Allevi ospite di Vespa: «Il mio futuro è un presente allargato, non voglio spingermi troppo in avanti», dice l'artista ospite di Bruno Vespa a Cinque Minuti.
Giovanni Allevi, ritorno e dolori
«L'idea che il dolore fisico possa essere trasformato in musica non è solo un fatto spirituale, è anche fisico, perché quando c'è il pianoforte gran coda da concerto la mia energia viene assorbita, come se il pianoforte fosse un materasso morbidissimo e allora le contratture dei muscoli paravertebrali di sciolgono». La malattia ha moltiplicato la sua gioia di vivere, sottolinea: «Adesso cerco di cogliere dalla vita tutti i doni che essa mi offre, molto più di prima».
Quanto alla laurea in filosofia, «a Sanremo ho citato Kant e sono stato contento, perché quando ho affrontato l'esperienza della possibilità concreta della mia fine e del dolore fisico l'immortalità dell'anima è tornata ad essere un nodo centrale nei miei pensieri: l'immortalità dell'anima, la grande speranza o la grande illusione del genere umano? E allora mi sono fatto avvolgere dalle parole di Kant, in quella splendida pagina finale della Critica della ragion pratica, in cui dice che ognuno di noi sente immediatamente che nella profondità del nostro essere c'è qualcosa di più grande, di bello, di buono, precedente alla nostra aggressività, che trascende la nostra vicenda individuale e il mio dolore fisico». Allevi parla anche del rapporto con il padre: «Per tanti anni è stato il mio più grande detrattore. È un sostenitore della grande tradizione classica, del sinfonismo, di Wagner, vedeva nel mio tentativo di scrivere musica nuova un sacrilegio». Infine, un ringraziamento ai «pazienti dell'Istituto dei tumori di Milano e a tutte le persone che stanno vivendo questo percorso molto difficile: mi danno una grande forza».