VENEZIA - Lo sprofondamento, il turismo di massa e lo spopolamento sono questioni cruciali per l’avvenire di una comunità che vive sull’acqua.
L’ACCELERATORE
Più che avviare un acceleratore a Venezia, un tipo di realtà che comunque è operativo all’interno dell’incubatore ospitato dal Comune nell’ex fabbrica Herion alla Giudecca, l’obiettivo di Venisia è trasformare Venezia stessa in un acceleratore. «All’interno di Ca’ Foscari – spiega il professor Carlo Bagnoli – ci siamo posti il problema di attrarre nuovi lavoratori in una città che, con i suoi problemi di sostenibilità ambientale e sociale, rischia di diventare un museo, bellissimo dal punto di vista architettonico ma povero sul piano relazionale. Siccome però si tratta di un’area molto piccola, 5 chilometri quadrati per 50.000 abitanti, abbiamo pensato che potesse essere la sede giusta per un laboratorio vivente in cui sperimentare soluzioni: se funzionano qui, in un ambiente così particolare, possono funzionare dovunque, amplificando a dismisura il proprio valore grazie all’effetto moltiplicatore di Venezia». Ecco allora il progetto di costituire una comunità internazionale di innovatori residenti: i vincitori del premio da 20.000 euro, che saranno selezionati all’inizio del 2024 in abbinamento ai giganti (ma in prospettiva anche alle medie imprese del Nordest) per cui lavoreranno, fruiranno pure di agevolazioni nelle spese di vitto e alloggio, per poter realizzare in laguna soluzioni scalabili a livello globale, in settori quali la mobilità sostenibile, la protezione ambientale, la tecnologia agricola, le energie rinnovabili, le città intelligenti, l’industria verde.
I PROGETTI
In gara per la finale ci sono i progetti arrivati da Stati Uniti, Singapore, Israele, Regno Unito, Spagna, Belgio, Germania, Paesi Bassi, Norvegia, Finlandia, Svezia e Italia. Per la precisione dal Veneto, con la padovana Ekore, che propone a proprietari e gestori dei grandi complessi immobiliari un risparmio energetico e manutentivo del 30%, come chiarisce il ceo Andrea Agostini: «Attraverso il potenziale dei dati, creiamo un gemello digitale dell’edificio. Da remoto ci colleghiamo ai vari sensori e, tramite l’intelligenza artificiale, valutiamo gli interventi da attuare. Per esempio, se è in arrivo un crollo delle temperature, indichiamo la giusta e graduale regolazione dell’impianto di riscaldamento. Venezia città complicata? Il mio lavoro è risolvere problemi, poterlo fare qui è uno stimolo in più». Concorda sul punto Ben Gibbons, co-fondatore della britannica Circular 11: «Trasformiamo i rifiuti di plastica in materiali da costruzione, a basse emissioni di carbonio, che superano le prestazioni dei tradizionali prodotti per l’edilizia per esterni. Da questo punto di vista Venezia è molto più innovativa delle altre città». Avigdor Luttinger arriva invece da Tel Aviv e non è giovane come gli altri startupper, com’è facilmente comprensibile che sia in questo periodo di guerra, per cui i riservisti vengono richiamati alle armi da adulti: «Non possiamo lasciare che il terrore condizioni le nostre vite, altrimenti il terrore vince. Facciamo quello che è possibile fare, per questo siamo qui e dovunque sia necessario: dobbiamo avere un futuro». Per la sua Itc, il futuro è già nel presente, con un software che utilizza la computer vision e gli algoritmi di apprendimento automatico per prevedere i modelli di traffico e prevenire gli ingorghi stradali prima che si verifichino.
La spagnola Asimob ha sviluppato l’ispettore stradale autonomo, per l’ambiente sia extraurbano che urbano, che consente il monitoraggio automatico della segnaletica stradale, della pavimentazione e delle barriere di sicurezza. La canadese reRubber è passata dal riciclo dei vecchi pneumatici al riutilizzo della gomma in briciole, per nuovi prodotti di valore e qualità più elevati. La norvegese Asistobe si propone di consentire alle città di piccole e medie dimensioni, prive dunque della forza finanziaria necessaria a investire nella scienza dei dati, di accedere a una piattaforma con algoritmi di intelligenza artificiale avanzati, in modo che possano prendere decisioni ponderate. Invisible Company porta invece da Hong Kong la sua borsa completamente solubile e compostabile come alternativa ecologica agli imballaggi in plastica.
LA STRATEGIA
Venisia punta a fare in modo che i partecipanti al programma di accelerazione vivano a Venezia nel lungo termine, trasformandoli «da turisti temporanei a futuristi permanenti», il che è più facile con gli stranieri che con gli italiani, rimarca tuttavia il direttore scientifico Bagnoli: «Dopo la pandemia, lo spostamento è diventato complesso, perché la tendenza è a rimanere vicini a casa. La nostra strategia è di aprire gli spazi soprattutto alle persone che stanno all’estero: è più facile attrarre a Venezia un innovatore da Melbourne che da Meolo...». Ma questa ormai è una realtà, perciò il sogno è un altro, confida il docente universitario: «Spero sempre che arrivi il “cavaliere bianco” a salvare Venezia, mettendo sul tavolo 100 milioni di euro e una rete di visibilità. Il mondo è pronto a investire in questa città, ma hanno tutti paura di venire in Italia, soprattutto per la burocrazia. Eppure in questi anni abbiamo dimostrato che sappiamo far accadere le cose pure a Venezia, anche se magari lo sanno più ad Abu Dhabi che a Padova... Comunque ora stiamo definendo un progetto con lo Iusve e il suo corso di Social media marketing: prendiamo 40 ragazzi e li portiamo per 4 o 6 fine settimana nell’incubatore alla Giudecca, dove studieranno i possibili “cavalieri bianchi” innamorati di Venezia: il filantropo con la passione per l’arte, il mecenate che adora il mare e così via. Ogni gruppo identificherà un possibile obiettivo e cercherà di ingaggiarlo in una specie di reality. Di più per ora non posso dire, ma abbiamo un sacco di belle idee in testa».