VENEZIA - A due anni dalla costituzione di "Fondazione Venezia capitale mondiale della sostenibilità", è allo studio la riforma del suo assetto dirigenziale. Ma per com'è stata delineata finora, la «proposta di revisione semplificativa dello statuto» non piace ai soci fondatori privati, che per questo hanno inviato una lettera al presidente Renato Brunetta, ai vicepresidenti Luca Zaia e Luigi Brugnaro, al direttore generale Alessandro Costa. Nuovi organi, quote di genere e contributi richiesti sono alcuni dei temi toccati, in maniera molto garbata nella forma ma piuttosto critica nella sostanza, da Enrico Carraro (Confindustria Veneto), Monica de Virgiliis (Snam), Davide Di Domenico (Bcg Italia), Fabrizio Iaccarino (Enel Italia), Giuseppe Ricci (Eni) ed Emma Ursich (Assicurazioni Generali).
FINORA
Per capire il senso dell'iniziativa, è opportuno ricordare l'attuale conformazione della Fvcms.
IPOTESI E PROPOSTE
Dalla lettera di Carraro, de Virgiliis, Di Domenico, Iaccarino, Ricci ed Ursich emerge che ora sul tavolo c'è però l'ipotesi di istituire un Comitato istituzionale per snellire la struttura. «Il passaggio ad un organo monocratico per la gestione operativa è sicuramente una semplificazione riconoscono i privati ma rischia di accentrare eccessivamente i processi decisionali, soprattutto se l'impulso all'attività della Fondazione proviene da un altro organo ristretto e unicamente di espressione "pubblica"». Piuttosto gli esponenti del mondo industriale propongono di ripartire «alcune "deleghe" operative» all'interno dell'attuale Comitato di gestione, salvando «la pluralità delle tre "anime" che hanno dato vita alla Fondazione».
Risulta poi che ci sia l'idea di trasformare il Cts in Cs, quindi in un Comitato solo scientifico anziché anche tecnico. «Se le prerogative sono le stesse e si tratta di una modifica solo lessicale, nulla osta», scrivono i rappresentanti delle imprese, altrimenti aggiungono che «sarebbe utile capire bene quali siano le eventuali diverse caratteristiche dell'organo».
I rilievi più pepati riguardano altri aspetti. Ad esempio le quote di uomini e donne: le aziende auspicano «criteri di scelta univoci e chiari per garantire una rappresentanza per il genere meno rappresentato», ma stigmatizzano il fatto che la modifica di riequilibrio venga «posta a carico di una componente, in particolare di quella privata». Un ulteriore tasto dolente è quello delle risorse: «Pensiamo che un contributo da parte dei Fondatori non sia escluso, ma lo vorremmo finalizzato a specifici progetti e sia libero nella sua determinazione e adesione per i Fondatori stessi. Inoltre l'attuale consistenza del Fondo permette di svolgere adeguatamente le attività ed iniziative finora proposte e realizzate». Come per i governatori e i sindaci, inoltre, pure per gli amministratori della Fondazione si pone il problema della durata: i firmatari della lettera puntualizzano di non essere d'accordo con il progetto «di superare il limite dei due mandati, anche in funzione di un necessario rinnovamento nel tempo della compagine consiliare e di governance».
L'unico punto su cui c'è sintonia è l'apertura «ad azioni che riguardino l'intero territorio regionale». Le imprese confidano comunque che tutte le questioni siano «oggetto di valutazione e riflessione» nel Consiglio di indirizzo.