L’ex ds Gracis: «Contento per la salvezza di Tvb, ma Pesaro retrocessa è doloroso»

Dopo gli esordi con la Liberti, ha giocato 11 stagioni nelle Marche diventando uno dei simboli della squadra di Costa e Magnifico

Giovedì 9 Maggio 2024 di Alberto Mariutto
L'IMPRESA La Nutribullet è riuscita a salvarsi con le proprie forze condannando alla retrocessione Pesaro

TREVISO – «A un certo punto del campionato è stato chiaro che Cremona e Varese si sarebbero salvate e che Brindisi fosse spacciata.

In pratica, una tra Pesaro e Treviso sarebbe andata giù: proprio le due città a cui sono più legato. Lì ho saputo con certezza che, in qualsiasi caso, da un lato avrei gioito e dall’altro sofferto. E infatti è andata così: sono contentissimo per la salvezza conquistata dalla Nutribullet, ma anche molto amareggiato per la retrocessione pesarese».

A parlare è l’ex ds trevigiano Andrea Gracis, ora ad Udine, che nelle due piazze ha lasciato il cuore, avendoci vissuto i momenti più importanti della propria carriera. «Pesaro nelle ultime stagioni aveva spesso rischiato di scendere di categoria, ma in un modo o nell’altro si era sempre salvata. Quest’anno hanno commesso molti errori, come può capitare; hanno cercato di cambiare in corsa fino alla fine, senza però riuscirci: sono quelle annate nate male, difficili da raddrizzare. La fortuna non li ha aiutati, vedi l’infortunio di Totè. Comunque è una piazza che non può stare senza pallacanestro di alto livello e so che c’è già del movimento per ripartire. Sono certo che ritroveranno entusiasmo e comunque l’A2 -pur essendo altra cosa rispetto alla massima serie- è un campionato competitivo, equilibrato e divertente, con molte realtà storiche e blasonate».

Come ha vissuto da fuori l’annata della Nutribullet?

«Con grande empatia. Mi sono riconosciuto in tutto il percorso, anche se -ai miei tempi- non siamo mai partiti con uno 0-9. Ho percepito la sofferenza e le difficoltà che hanno accompagnato tutta la stagione. Per fortuna c’è stata alle spalle una società molto solida, che ha tenuto la barra dritta anche nella tempesta. Pur nelle difficoltà, il club ha dato fiducia all’allenatore e mantenuto i nervi saldi. Credo che questa caratteristica sia stata evidente anche in passato».

Il coach ha perso qualche anno di vita.

«Frank ha il grande merito di non aver perso la fiducia nel lavoro e nei suoi giocatori. Ha aggiustato la squadra con due innesti importanti che hanno dato equilibrio al roster. Credo ci sia stato un grande impegno dietro questa salvezza, anche lavorando nelle teste dei ragazzi. Sicuramente il gruppo è stato molto bravo a mantenere i nervi saldi, nonostante la serie incredibile di alti e bassi nei risultati e nelle prestazioni: ho visto partite giocate molto bene e altre molto male. Immagino che gli sbalzi di umore e nel rendimento siano stati gli elementi più difficili da gestire. Poi va riconosciuto alla squadra di aver conquistato le due gare più difficili, salvandosi con i propri mezzi. Hanno legittimato del tutto la permanenza in A con due vittorie cercate. È mancata la continuità ma hanno dimostrato di poter competere con tutti».

È ovvio che la volontà del club sarà quella di non ripetere le sofferenze degli ultimi anni. Ma lo era anche la scorsa estate e si è visto come è andata a finire. Cosa si potrebbe fare di diverso rispetto al passato?

«Non è facile rispondere a questa domanda. Quando non hai una disponibilità economica infinita, è chiaro che si può incorrere più facilmente in errori. Per necessità sei portato a fare delle scelte che comportano dei rischi, perché sono delle scommesse. Si spera che un tale giocatore sottovalutato o con determinate problematiche, se motivato in modo giusto, possa avere un certo tipo di rendimento, pur costando poco: può succedere, ma anche no. Treviso è sempre stata una società solida, ma senza un budget che consentisse margini di errore. Si può sbagliare anche avendo 40 milioni di euro, ma quando hai una disponibilità corretta, ma non esagerata, non puoi concederti passi falsi».

Con Menetti però i playoff li avete conquistati.

«L’anno in cui siamo arrivati 6. è girato davvero tutto per il verso giusto: avevamo un bellissimo gruppo, molto compatto. Abbiamo vinto alcune scommesse e non abbiamo avuto infortuni di rilievo. Quando tutto si incastra, raccogli i frutti del tuo lavoro. Oggi in serie A la competizione è talmente alta che non puoi sbagliare. Tolte le prime squadre, che sono inattaccabili, c’è una fascia ampia di club che lottano alla pari e possono essere premiati o meno anche per singoli episodi».

La piazza però è molto esigente.

«Treviso Basket è un patrimonio della città e a volte le persone se ne ricordano, altre meno. La squadra deve essere sostenuta sempre, nella gioia e nel dolore: nei momenti di difficoltà, bisogna unirsi. Agli inizi della storia della nuova società, club e pubblico erano una cosa sola, perché la gente sentiva la squadra come qualcosa di suo. Poi questa situazione è venuta meno: anche quest’anno le critiche sono state feroci. Ho visto una cattiveria ingiustificata e ingiustificabile. Ci sono rimasto male io, da fuori, sapendo tutti gli sforzi che vengono fatti all’interno del club».

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