Morto lo scultore Giorgio Igne, Sacile piange il suo artista

Venerdì 7 Febbraio 2020 di Michelangelo Scarabellotto
Lo scultore Giorgio Igne durante una lezione con alcuni studenti
In silenzio, come riservata è stata tutta la sua vita, se ne è andato Giorgio Igne, 86 anni, lo “scultore senza frontiere”,come lo aveva definito l’amico Gianni Camol, nel presentare una delle sue tante mostre, quella di  Cavolano dove Igne viveva dopo la morte della moglie, lontano dai figli Arnaldo, Giuseppe e Francesco, impegnati per lavoro a Milano e Padova. Erano circa le 7 di ieri quando Lara, operatrice della Rsa, terminato il turno di lavoro, ha raggiunto la casa di Igne  per la colazione. Dopo i saluti, improvvisamente, Giorgio ha reclinato il capo. Immediata ma inutile la chiamata al 118 che nulla ha potuto per salvarlo. La notizia della morte si è diffusa in città, dove lo scultore era conosciuto, amato e stimato sia  per le  doti di artista che per la  semplicità, la disponibilità e il carattere estroverso. «Al di là della conoscenza personale - spiega  il sindaco Carlo Spagnol - a nome mio, dell’amministrazione e dell’intero Consiglio, esprimo il cordoglio e lo ricordo per la profondità del pensiero e delle opere, unite alla leggerezza nello stare con gli altri. La sua è un’eredità importante, che sapremo valorizzare». A tal proposito ricorda che, assieme al Lions sacilese, stava per essere completato il percorso per realizzare, al piano superiore di palazzo Ragazzoni una mostra permanente dedicata a Igne. «La completeremo. A Sacile di lui - conclude - resteranno visibili diverse opere».
LA VITA
Igne era nato a Milano, nel 1934 e, ancora piccolo, durante la Seconda Guerra Mondiale, i genitori decisero di mandarlo dalla nonna, nella campagna Sacilese, «Diventata la sua “casa” - ricorda Camol - e l’ispirazione per le sue opere». Igne ha conseguito il titolo di “Maestro di scultura in pietra” all’Istituto d’arte di Venezia e il diploma in scultura all’Accademia di Brera, a Milano, sotto la guida dei maestri Francesco Messina e Francesco Wildt. La sua attività scultorea inizia negli anni ’50 e procede parallelamente all’insegnamento di discipline artistiche nelle scuole>. Nei primi anni ’90 lascia la professione di docente e si dedica al volontariato nell’ex Jugoslavia devastata dalla guerra. Prima di rientrare in Italia, soggiornò per lunghi periodi in Argentina, Terra del Fuoco, Brasile, Bolivia, Ciad, dove realizza opere monumentali, che testimoniano la sua presenza e il suo impegno sociale. In Italia prosegue la sua intensa attività artistica. L’indagine intorno all’uomo - ricorda Camol - è stata  il perno della sua ricerca artistica.
LO STILE
Al linguaggio classico delle prime opere,  quando utilizza materiali tradizionali quali bronzo, marmo e gesso, Giorgio sostituisce uno stile più immediato e diretto, rivolto all’esaltazione di una forma di matrice impressionista, caratterizzata da un realismo tormentato, pungente, talvolta esagerato». Nelle sue opere si trova l’esistenza umana, fatta di angosce, errori, dolori; sentimenti, che prendono forma nelle figure di donne e di madri consumate dalla fatica o dal pianto dei figli. Questi i temi delle sue opere principali: “Crocifisso”, “Donna”, “Madre” , “Madre e figlio” “Condizione umana”, “Ruota della vita” J’accuse”, “Attesa” e “Partecipazione. Passeggiando in città i sacilesi avranno sempre vivo il suo ricordo attraverso alcune opere donate dallo scultore: “Il pesce che gioca con il bambino”,vicino al Ponte della Vittoria; la “Santa Giuseppina Bakita”, sotto la loggia del Municipio, la “Donna di Sarone” e il “Fauno”, all’interno di Palazzo Ragazzoni. Nella chiesa di San Giovanni battista la via Crucis, mentre all’esterno della sede degli Alpini si può ammirare “La Meio Fameja”. Molteplici le testimonianze di dolore e di stima che hanno riempito i social, di sacilesi e non, che testimoniano il loro dolore e assieme all’apprezzamento per l’artista; «le cui opere - conclude Camol - esprimono dolore, bisogno, dignità e voglia di riscatto della sostanza umana.Nella sua vita artistica Giorgio Igne non ha cercato fama e successo, ma fatica e sofferenza».
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