Padova. Solidalia, a casa 177 dipendenti: l'avvocato chiede il dissequestro​ dell'attività

Lunedì 12 Febbraio 2024 di Marina Lucchin
Padova. Solidalia, a casa 177 dipendenti: l'avvocato chiede il dissequestro dell'attività

PADOVA - Al momento ci sono 177 lavoratori, tra dipendenti diretti e quelli dell'indotto, a casa. Per questo l'avvocato Carlo Bermone che rappresenta Mirca Lincetto, presidente della cooperativa, ha chiesto il dissequestro dell'attività calzaturiera di via del Progresso a Peraga di Vigonza e il riesame del provvedimento. Il legale ha presentato una istanza puntuale e circostanziata, dove ritiene eccessivo il sequestro della coop ai fini della confisca: «Si sono lasciate a casa 177 persone, che avevano una occupazione e un reddito da Solidalia, tutti regolarmente iscritte alla Camera di commercio».

Di queste, «105 sono dipendenti diretti e una settantina erano dediti a lavori di pubblica utilità. A nostro parere sarebbe stato sufficiente un provvedimento di sequestro delle quote senza pregiudicare il funzionamento dell'intera azienda che garantisce un sostegno a queste persone che non hanno nessuna colpa» chiude Bermone.

L'INCHIESTA

Tutta la vicenda parte dal controllo della Squadra mobile del tunisino Khaled Baccouri. Boss della droga che nel 2019 era stato espulso quale pena alternativa al carcere, dopo aver passato dietro le sbarre quasi tre degli otto anni a cui era condannato nel 2016. Eppure l'11 maggio 2023, quando c'è stata la prima ispezione della Squadra mobile, i poliziotti hanno scoperto che era stato assunto a tempo determinato da gennaio 2022 dalla società. E con un regolare stipendio, diversamente dagli altri stranieri, ospiti quali richiedenti protezione internazionale della cooperativa "Le Orme", che invece venivano impiegati a busta paga zero. Costretti, secondo quanto scoperto dalla Mobile, a firmare un "patto formativo di inclusione sociale" a titolo di "volontariato" sebbene, come si legge nel decreto di sequestro preventivo, firmato dal Gip Maria Luisa Materia, "le mansioni a cui erano stati adibiti fossero del tutto estranee a quelle che pertengono al lavoro volontario nell'ambito di un ente del terzo settore (spontaneità e finalità sociale dell'attività diretta a favore della collettività) in quanto iscritti nel ciclo produttivo in attività di assemblaggio ed etichettatura". Sembra che il tunisino abbia presentato alla cooperativa un permesso di soggiorno falso e per questo sarebbe stato assunto regolarmente nel laboratorio.

LA SITUAZIONE

Ci sono altre cose che però deve spiegare Paolo Tosato, 48 anni, all'epoca delle ispezioni della polizia presidente della coop, dimessosi a dicembre quando era chiaro che la Mobile sospettava ci fosse qualcosa di poco limpido nella gestione dei richiedenti asilo e ora solo nel consiglio di amministrazione, unico indagato per violazione di norme in materia di immigrazione (D.lg. 286/1998), caporalato (art. 603 bis c.p.) ed estorsione (art. 629 c.p.). Ad esempio, gli stranieri hanno dichiarato di avere accettato di sottoscrivere il "patto" per paura di perdere l'ospitalità fornita e il pocket money garantito dalla prefettura. Questo denaro, però, era consegnato loro proprio da Tosato, nonostante l'accoglienza fosse formalmente erogata da "Le Orme", ovvero dalla cooperativa che gestisce formalmente il Cas (centro per l'accoglienza straordinaria) quale aggiudicataria della gara negoziata della prefettura di Padova per le singole unità abitative, che ha sede il laboratorio di Solidaria. "Le Orme" è per ora considerata estranea alla vicenda. Fatto salvo la denuncia sporta da tre ragazzi del Mali, che erano ospitati nella sede di via del Progresso, anche nei confronti dei dirigenti, oltre che di Tosato, che hanno accusato di aver ricevuto delle pressioni affinché prestassero l'attività lavorativa gratuita presso il laboratorio perchè «lavorare è l'unica soluzione per rimanere in Italia». 

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