Houthi, traffici nel Canale di Suez dimezzati per gli attacchi dei ribelli: perdite per oltre 8 miliardi. Danneggiati i porti italiani

Penalizzato l’import-export made in Italy, soffrono filiera agroalimentare e manifattura

Sabato 16 Marzo 2024 di Alessandra Camilletti e Umberto Mancini
Houthi, traffici nel Canale di Suez dimezzati per gli attacchi dei ribelli: perdite per oltre 8 miliardi. Penalizzato il made in Italy

Traffici dimezzati, costi in aumento, spinta sull’inflazione. La crisi del Mar Rosso costa caro non solo ai porti italiani, ma all’intero sistema dell’import-export. A soffrire soprattutto la filiera agroalimentare e la manifattura. Gli ultimi dati parlano chiaro. Il volume degli scambi commerciali in transito per il Canale di Suez da fine novembre 2023, mese d’inizio degli attacchi degli Houthi alle navi occidentali, si è progressivamente ridotto e a febbraio 2024 risulta dimezzato (-56,1%).

In parallelo, sempre tra novembre 2023 e febbraio 2024, il volume degli scambi commerciali in transito per il Capo di Buona Speranza è aumentato del 75,1%. 

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Navi che iniziano a bypassare il Mediterraneo e vanno verso il Nord Europa. In difficoltà sono sopratutto i porti dell’Adriatico, ovvero Trieste e Venezia, mentre Civitavecchia, che punta sul traffico passeggeri, è di fatto immune alle turbolenze. Rodolfo Giampieri, presidente di Assoporti, va subito al punto: «Le portacontainer più grandi, sopra i 7.500 teu, stanno iniziando a deviare in maniera sostanziale verso Nord e questo preoccupa. Come del resto il prolungamento della fase di crisi». Hanno dati positivi solo Gioia Tauro e, come detto, Civitavecchia. «A gennaio – spiega ancora – sono stati in sofferenza Ravenna, con un calo della movimentazione complessiva del 19,1%, Genova a -12,2%, La Spezia a -7». Complessivamente si registra dall’inizio della crisi un calo di circa il 25-30% sul fronte container che vengono dal Canale. 

Le grandi navi che entrano nel Mediterraneo spesso si fermano nei porti più vicini a Gibilterra, ma sempre di più proseguono verso Rotterdam e Amburgo. «Nessuno Stato dell’Unione europea pensi che questa situazione di momentanea debolezza del Mediterraneo possa diventare occasione per tornare ad uno sviluppo squilibrato tra i porti del Nord e del Sud Europa. Sarebbe un errore strategico fondamentale che l’Ue non può permettersi», sottolinea Giampieri. Spiega Pino Musolino, presidente dell’Autorità di Sistema Portuale del Mare Adriatico Settentrionale e dell’Associazione MedPorts: «Stanno subendo i porti dell’Est Mediterraneo, ma alcuni scali nel West Med, come Valencia, appena dentro Gibilterra, hanno picchi di traffico insperati. A Civitavecchia abbiamo qualche segnale di incremento, ma congiunturale e non strutturale. Un prolungarsi della situazione di crisi certo può creare presupposti per conseguenze non prevedibili in questo momento. A oggi facciamo scenari e viviamo alla giornata». 

In questa fase le catene logistico-marittime si riorganizzano o almeno provano a reggere botta. «Gli operatori stanno rispondendo alla crisi – spiega Alessandro Panaro, responsabile Area di ricerca Maritime & Energy di Srm, centro studi che fa capo a Intesa Sanpaolo – La prima reazione è stata mettere in campo una capacità navale aggiuntiva per riequilibrare il flusso di import export logistico e controbilanciare i ritardi, considerato che le rotte da Buona Speranza sono di 15-20 giorni più lunghe: il trasporto diviene così più fluido. L’altra reazione è stata quella di aumentare la velocità delle navi per ridurre i ritardi. Terzo: le imprese, soprattutto manifatturiere, hanno aumentato i quantitativi degli ordini per fare maggiori scorte di magazzino». 

La crisi è grave, dice Luigi Scordamaglia, ad di Filiera Italia: «I danni per l’export agroalimentare sono evidenti – spiega – perché abbiamo perso circa il 33% dell’export verso l’Asia e l’Oceania. Parliamo a oggi di circa 6 miliardi di prodotti made in Italy che non hanno attraversato Suez. Con gli attacchi il Mediterraneo rischia di trasformarsi in un lago. L’Europa deve capire la lezione ed evitare in futuro di essere troppo dipendente. Non vanno smantellate la nostre produzioni manifatturiere e le nostre filiere agricole perché casi come quello di Suez si possono ripetere».

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I RIFLESSI
È evidente infatti che l’allungamento delle rotte commerciali determina un forte incremento dei costi del trasporto navale che si trasmette ai prezzi dei beni importati. Queste turbolenze – stima Confartigianato – possono generare un impatto fino a dieci punti sui prezzi dei beni importati e di 0,3 punti percentuali sull’inflazione nel periodo 2024-25. 

Non solo. Scordamaglia è preoccupato anche per i riflessi sull’import di gnl dal Qatar: se il traffico dovesse fermarsi ci sarebbe un impennata dei prezzi dell’energia. 

Le modifiche delle rotte e la disintermediazione dei porti italiani espongono a rischi 13mila imprese del sistema del trasporto e logistica che operano nei principali porti per la movimentazione di merci via Mar Rosso. Ma fino a oggi si possono quantificare i danni? Tra novembre 2023 e gennaio 2024 sono ammontati a 8,8 miliardi, circa 95 milioni al giorno. In particolare, negli ultimi 3 mesi dell’anno scorso, l’Italia ha perso 3,3 miliardi, pari a 35 milioni al giorno, per mancate o ritardate esportazioni e 5,5 miliardi (60 milioni al giorno) per il mancato approvvigionamento di prodotti manifatturieri.

Confartigianato ha misurato anche le conseguenze della crisi sulle micro e piccole imprese italiane che, in Europa, sono quelle a maggiore rischio. La quota di export manifatturiero diretto nei Paesi extra Ue è infatti pari al 32,7% del totale europeo, con un valore addirittura doppio rispetto alle omologhe imprese tedesche. In particolare, le esportazioni di prodotti con il maggiore apporto delle nostre piccole imprese si attestano a 10,8 miliardi, con il valore più alto, pari a 4,2 miliardi, riguardante i prodotti alimentari, seguiti dai prodotti in metallo (1,8 miliardi), altri prodotti, tra cui gioielleria e occhialeria, sempre con 1,8 miliardi, moda con 1,5 miliardi e legno e mobili con 1 miliardo. 

LE REAZIONI
«L’escalation della crisi in Medio Oriente – sottolinea il presidente di Confartigianato Marco Granelli – penalizza il sistema del made in Italy e l’approvvigionamento di prodotti essenziali per la trasformazione della manifattura italiana». «Gli scambi con la Cina corrispondono a 154 miliardi di euro, pari al 40% del totale import-export che passa da Suez, ha sottolineato Guido Grimaldi, presidente di Alis, aprendo a Verona Let Expo, parlando poi di extracosti legati alla circumnavigazione dell’Africa, oltre che di una «grande perdita di traffici per la nostra Italia e i nostri porti».


 

Ultimo aggiornamento: 16:05 © RIPRODUZIONE RISERVATA