Messico, narcos contro l'esercito dopo arresto figlio di El Chapo, 8 morti. Il presidente: «Costretti a liberarlo»

Venerdì 18 Ottobre 2019
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«La cattura di un criminale non può valere quanto le vite delle persone». Sono le parole del presidente messicano Andres Manuel Lopez Obredor che difende la 'ritiratà delle forze di sicurezza a Culiacan, nello Stato di Sinaloa, che ha consentito a Ovidio Guzman Lopez, figlio del boss dei narco El Chapo detenuto negli Usa, di rimanere libero. Il giovane, ventenne, era stato individuato, era sul punto di essere catturato, ma poi è stato lasciato andare. 

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Una decisone singolare ma necessaria secondo il capo dello Stato, presa per salvare vite, mentre tutto intorno infuriava la battaglia. Il bilancio resta però pesante, è di otto morti: cinque aggressori, un membro della Guardia Nazionale, un civile e un prigioniero. I feriti sarebbero circa 20. Sono rimasti vittime della 'battaglià giovedì, scatenata dopo che il giovane era stato braccato, oggetto di un mandato per essere estradato negli Usa. 



Scene di guerriglia urbana, con auto incendiate, un 'commandò disceso in strada armato fino ai denti, e la città paralizzata per ore, ostaggio del caos e della violenza dopo che uomini armati legati al cartello sono intervenuti, ingaggiando una sparatoria con le forze di sicurezza. Allora il figlio di El Chapo, ricercato per traffico di droga, è stato lasciato andare e l'operazione è stata «interrotta». Poco dopo è giunta anche la la conferma del legale del giovane: «è libero e ha contattato la famiglia». 



«Questa decisione è stata presa per difendere i cittadini....

Non si può combattere il fuoco con il fuoco», ha sottolineato il presidente Lopez Obradore nel giustificare e difendere la scelta di interrompere l'operazione. L'unica opzione - a suo giudizio, evidentemente - per non lasciare che Culiacan sprofondasse in una spirale di violenza difficile da arginare. Il ventenne Ovidio protagonista dell'episodio risultato comunque sanguinoso, è uno dei cinque figli di El Chapo, ma non quello su cui fino ad ora restavano puntati gli occhi: gli 'eredì del super boss condannato lo scorso febbraio sono considerati i figli maggiori Ivan Archivaldo e Jesus Alfredo, anche noti come 'Los Chapitos' e ai queli viene attribuita la guida del cartello. Ovidio però, insieme con un quarto fratello, era stato incriminato nel 2018 a Washington con accuse di traffico di cocaina, metanfetamine e marijuana.

Ultimo aggiornamento: 20:38 © RIPRODUZIONE RISERVATA